29 giugno 2012

La salvezza vien dai fiori? (analisi del testo a cura del Prof. GR)

Il romanzo ‘I giardini di Bianca’ (Ed. Albatos, 2010) di Amalia Fusco, è il ritratto di signora nelle balze del dolore, di un dolore atroce e dolce, portatore di buio ma anche di luce; il suo è un dolore metafisico ed ontologico dentro il quale non c’è solo Bianca, ma l’intera umanità, a partire dall’individuo, passando per la famiglia, arrivando all’intera società, che seppure non menzionata funge da architrave della narrazione. Pur tuttavia il dolore è la spinta propulsiva al tuffo nella vita per non soccombere, per riemergere e riafferrare l’esistenza con maggiore convinzione. Si avverte una forte vicinanza di Bianca e le sue donne con le eroine di Thomas Hardy, in particolare con Tess dei D’Uberville oppure con Sue Bridehead, certe della loro definitiva ed inesorabile sconfitta finale, ma mai dome, mai rassegnate; così vedo Bianca nell’intrigato labirinto della vita fin dalla morte dei genitori.

Morte-dolore-ripresa e poi ancora morte-dolore-ripresa: questo è il trinomio dell’epica della protagonista e della donna contemporanea, che a differenza dell’uomo post – post – moderno contiene in sé un nucleo duro di valori, uno dei quali, il più importante, è la fiducia della ‘Vita nella Morte’. A differenza degli uomini travolti dal possente nichilismo e dal corrosivo relativismo che ne hanno decretato la disintegrazione identitaria, le donne di Amalia Fusco conservano una loro chiara identità, una loro geografia affettiva, sanno chi sono e che cosa vogliono. Nel romanzo risalta in ‘absentia’ la diversa statura ‘morale’ che segna la donna rispetto all’uomo, che non sa più essere né padre, né marito né figlio. Non deve sorprendere, perciò, come Bianca riesca ad amare la natura, i giardini, i fiori, (gardenie, mimose, biancospini, rose) che rappresentano il correlativo oggettivo della mappa interiore della protagonista, una mappa di emozioni, di stati d’animo ricca, corposa, complessa, con mille sfumature, come infinite sono le tinte dei petali dei fiori. Un correlativo che lega la protagonista alle piante, ne sono menzionate molte, a simbolo della resistenza alle tempeste, a baluardo contro la effimera esistenza di tanti esseri umani, a monito contro una colpevole disattenzione o aggressione al creato che l’uomo di oggi rivolge alla natura. Anche il costante richiamo alle gardenie assume un valore letterario e simbolico. Il loro profumo riporta alla mente quello delle ‘madeleine’ proustiane della ‘Ricerca del tempo perduto’, che guida la protagonista Swann nei suoi peregrinaggi e mette in azione fervide e dolorose associazione di idee. Anche qui, il profumo delle gardenie guida Bianca in riflessioni e ricordi del suo passato e attiva processi di ‘flash forward’ che la inducono a pensare al suo futuro. I carnosi petali bianchi della gardenia raffigurano candore e passione, luce e vitalità, amore e innocenza della protagonista. Di contro la descrizione della mimosa evoca la sensibilità e la debolezza della protagonista, il suo chiarore, la luce del suo volto. E’ come se l’autrice voglia dire al lettore che la salvezza di ognuno di noi, di tutti noi, è affidata al legame indissolubile con la natura, con i suoi cicli millenari, con la sua forza atavica.

La figura di Zia Adele è una di quelle che lasciano il segno nella mente del lettore, che è portato a fare confronti con figure similari della letteratura mondiale. A me ricorda la decisa, onnipresente e amorevole Nini del romanzo ‘Le braci’ di Sandor Marai, che da donna di servizio, come un’inseparabile ombra, segue e protegge  il suo padrone garantendogli un percorso meno accidentato negli anni.

Sul piano prettamente strutturale in un’ottica di critica stilistica risulta convincente la ben dosata miscela di frasi paratattiche ed ipotattiche che riesce a raffigurare l’incessante lavorio del magma incandescente del mondo interiore della protagonista: ‘Comunque stranamente riuscì a dissuaderla e a convincerla del fatto che se poi io non fossi stata al corrente degli avvenimenti, avrebbe solo creato in me un altro trauma che quello di cui non avevo bisogno proprio nel momento in cui la mia vita procedeva nel verso giusto’ (pag. 71). In questo lungo periodo di 7 proposizioni incatenate in ottimo rapporto tra principale e subordinate infinitive, relative, ipotetiche, ellittiche, si intuisce la irresistibile forza di penetrazione dell’analisi critica degli eventi descritti, dell’articolazione del pensiero complesso. E questi stilemi sono utilizzati nell’arco dell’intero romanzo e contribuiscono alla costruzione dell’architettura intrigata ed intrigante delle emozioni. Anche l’ uso dell’aggettivazione qualificativa  contribuisce a ben definire gli spaccati del mondo, del tempo, delle relazioni dando corpo e sostanza  alla narrazione nel vivificare i personaggi, colti nel loro agire quotidiano, ma sorpresi in riflessioni, dubbi, ansie, angosce, aneliti, speranze: ‘La tenerezza è qualcosa di etereo, è un sentimento tra i più puri, che si scioglie nei piccoli gesti che poi sono i grandi gesti, nelle delicate espressioni che assume il volto quando chi ti è vicino costituisce per te un tesoro d’inestimabile valore.’(pag. 63). Pur tuttavia qualche aggettivo di troppo potrebbe essere eliminato, ma si sa che lo slancio dell’opera prima prende la mano, invade la narrazione di troppa energia, accumulata negli anni di incubazione e solo con il tempo questa raggiunge il giusto equilibrio.

Pure la presenza dei deittici pare ben costruita nella definizione della fitta rete relazionale che Bianca intreccia con il mondo esterno in costante dialogo del suo io con il tu, del questo con quello, del vicino con il lontano. In questo continuo oscillare tra i l dentro e il fuori l’autrice scopre se stessa e con lei molti suoi lettori: monadi in perpetua tensione ad uscire dal loro involucro di solitudine. E in questa aura si snoda il bel romanzo di Amalia Fusco.

Prof. GR

13 ottobre 2011

Bianca, una vita difficile, segnata da tragedie enormi. La morte dei genitori in un incidente aereo, quando era ancora troppo piccola. E poi l'amore, un amore anch'esso dal sapore tragico. Eppure c'è un fil rouge che attraversa questo racconto, un filo tenue e delicato, che ha il profumo e la purezza delle gardenie in fiore. Un profumo che è come la chiave d'accesso a un mondo di emozioni mai sopite, emozioni che sono le vere protagoniste de "I giardini di Bianca". "Esistono dei giardini senza tempo sospesi sul nostro cuore: alcuni sono fioriti, luminosi, quasi celesti, altri sono spenti, tristi, muti nella loro grigia solitudine" scrive l'autrice. Così, nel ripercorrere le tappe della sua esistenza, la protagonista di questo racconto offre al lettore un viaggio intenso nel suo giardino interiore. L'affetto per gli zii che l'hanno cresciuta, il distacco, la complicità con la zia Carmen, il salto nel vuoto verso l'ignoto di un futuro incerto, la passione per la musica. E poi Parigi, nuovi legami, un nuovo amore. Il tutto narrato con una prosa semplice e scorrevole, accessibile a tutti ma mai banale.




22 Dicembre 2010 - Christian Floris recensisce il libro "I giardini di Bianca" a "Se scrivendo..." (Sky 830)

27 aprile 2011

"I giardini di Bianca" al Salone Internazionale del Libro di Torino

L'autrice è lieta di comunicare a tutti i lettori la partecipazione del libro "I giardini di Bianca" alla ventiquattresima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, che si svolgerà nella città piemontese da Giovedì 12 a Lunedì 16 Maggio 2011, presso il Lingotto.

Il Salone è promosso dalla Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura, guidata da un Alto Comitato di Coordinamento presieduta a turno annualmente dal Sindaco di Torino, dal presidente della Provincia di Torino e dal presidente della Regione Piemonte. Direttore editoriale del Salone è Ernesto Ferrero.

Con sei padiglioni, 51.000 metri quadri di superficie, 27 sale convegni, oltre 1.400 editori e oltre 300.000 visitatori in cinque giorni d'apertura, è oggi la più grande manifestazione in Italia, e fra le prime d'Europa, dedicata all'editoria, alla lettura e alla cultura.

IL LIBRO SARA' PRESENTE NEL PADIGLIONE 3 (S42)

18 dicembre 2010

L'autrice de "I giardini di Bianca" risponde...

D. Amalia come nasce la tua passione per la scrittura?

R. La mia passione per la scrittura nasce durante il periodo liceale come un profondo bisogno interiore. Attraverso la scrittura mi mettevo a nudo, estrinsecando senza inibizioni tutte le mie emozioni e i miei desideri più nascosti, un modo per comunicare con me stessa ma anche per scoprirmi più intimamente. Era molto più che confidarmi con un’amica. E rileggendo quello che scrivevo trovavo naturalmente una risposta a quello che cercavo.

D. Sei una scrittrice emergente e hai esordito con “I giardini di Bianca”, hai avuto difficoltà a trovare un editore che pubblicasse la tua opera?

R. Non ho avuto difficoltà a trovare un editore che pubblicasse la mia opera. Dopo pochi mesi di attesa ho avuto subito una risposta positiva. Credo comunque che, al di là della validità di un testo, bisogna essere anche molto fortunati perché si può proporre un buon prodotto ma, poi, è indispensabile avere dei giusti interlocutori che sappiano apprezzarlo.

D. Perché leggere “I Giardini di Bianca”?

R. Perché Bianca riesce a concretizzare un desiderio che, per tanti, rappresenta solo un’utopia. Attraverso una vita segnata da tragedie enormi arriva, infatti, a percepire la vera essenza dell’amore. Il suo traguardo, però, è speciale perché lei è una persona speciale. Bianca è una donna vera che sa mettersi a nudo, senza veli, senza tattiche, senza pregiudizi, che sa rischiare sulla sua pelle, andando avanti instancabilmente in un percorso quasi impossibile. Si fa piegare dal dolore ma senza mai soccombere totalmente e asciugandosi ogni volta le ferite ricerca l’amore in tutti i luoghi, in tutti i modi e in tutte le forme. Questa sua esigenza vitale è la sua assoluta priorità. Catapultata involontariamente ma anche volontariamente in tanti tipi di realtà diverse fra loro riesce, alla fine, a trovare un suo equilibrio diventando un’icona indiscussa di forza. E’ una donna che non conosce false mediazioni, realtà purtroppo consolidate nel nostro quotidiano. Penso che leggere questo libro possa effettivamente far comprendere che è sempre possibile andare avanti anche in situazioni che sembrano inaccettabili e insuperabili.

D. A chi ti sei ispirata per scrivere questo libro?

R. Ad una donna straordinaria che ho realmente conosciuto e che ha vissuto effettivamente tutto quello che racconto. Nel periodo in cui l’ho conosciuta era purtroppo già dilaniata dalla malattia, eppure non ricordo nessun nostro colloquio dominato dalla tristezza, dall’angoscia o dalla paura. La sua vita incredibile è stata per me un grande esempio di forza. Molto di quello che sono oggi lo devo a lei.

D. Scriverai altri libri?

R. Sicuramente. Ho già delineato la storia del prossimo. E’ completamente diverso dal primo e mi auguro altrettanto avvincente.



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